martedì 18 luglio 2017

Chiaro cappello




Tadaaaah. Ho un nuovo cappello.

Me lo ha regalato Sigrid a Hyllestedt Skovgaard. Ho dimenticato il mio vecchio berretto a Nørager e gli ultimi tre giorni mi sono riparato dal sole con una maglia annodata sulla testa. Sigrid mi ha portato tre cappelli fra cui scegliere: un berretto rosso con la visiera e la scritta Ferrari in giallo, un secondo berretto uguale ma di colore nero e il mio nuovo cappello che ho scelto, bianco, anzi, chiaro. Chiaro e per la verità, facilmente insozzabile, ma come ho detto a Sigrid: "this is my stile", sobrio e blando.
Qui in Danimarca è facile comunicare, tutti parlano inglese ed io riesco a farmi capire anche con il mio inglese scalcinato.  "Can I speack English? Of course we can" queste sono le prime battute quando entro in un cortile per chiedere un po' di acqua per Toni e AuroraAlba o un posto per la notte.
Sigrid e Peter hanno due figlie, Thyra e Sif, rispettivamente 8 e 5 anni, capiscono e parlano danese e inglese e anche un po' il francese per via delle origini canadesi del nonno materno. La mia famiglia non è multinazionale così mi è stato trasmesso solo l'italiano, e negli anni in cui ho frequentato la scuola dell'obbligo, il ministero dell'istruzione aveva in serbo buone persone volenterose che insegnavano la cultura, però, specialmente nella scuola media del piccolo paese in cui sono cresciuto, l'insegnante di inglese era molto originale ma poco preparata. Così l'inglese che mastico oggi l'ho imparato strada facendo da quando ho cominciato a mettere i piedi oltre confine.
In una cucina, a Mols, ci ritroviamo a cena con Christine, il suo compagno Simo e due cantanti/attrici, Mykalle del Quebec e Nini, danese. Simo è un uomo di 41 anni di origini marocchine. I suoi genitori sono emigrati in Europa dove lui ha vissuto la maggior parte della sua vita, 35 anni in Belgio, in una cittadina provinciale del sud, e 3 anni in Danimarca, alternando a questi 2 periodi una breve permanenza nel suo adorato "Morocco". Simo denuncia apertamente lo stile di vita dell'Europa che lui conosce, uno stile di vita che non gli piace, incline al capitalismo. Denuncia la mancanza di un reale scambio di sentimenti e di emozioni fra gli autoctoni e quelli che come lui sono originari di altri paesi. È stanco, dice, a 41 anni, di sentirsi ancora diverso, sentire su di se gli sguardi della gente che non è capace di riconoscerlo per quello che è, un uomo, ma di dover continuare a giustificare la sua presenza, nell'Europa odierna, a causa della sua apparenza, seppure conforme. "The problem is the education, the danish are racists". Sono parole forti quelle che Simo mette sulla tavola.
Educazione, intesa come istruzione, che fa acqua penso io, intolleranza verso chi è diverso...
Quale importanza abbia l'istruzione per il progresso civile della società umana lo sappiamo tutti, ma siamo sicuri che i metodi con cui divulghiamo l'istruzione siano giusti? Io non sono un uomo che ha avuto un buon rapporto con la scuola, non sono riuscito nemmeno a conseguire il diploma delle scuole superiori. Svolgendo il servizio militare come volontario ho conseguito un attestato di studi che non so nemmeno se equivale al diploma, non mi ha mai interessato veramente e oggi è parte di un passato che si è allontanato da me scavando più di un fossato fra di esso e il mio presente. Ma la testimonianza di Simo è forte, con essa lui denuncia l'Europa e i suoi abitanti ed anch'io mi sento sotto accusa. Io che oggi cammino con Helena Toni e AuroraAlba attraverso la stessa Europa. E mi domando perché è così fragile la relazione fra gli esseri umani, dopotutto in Europa l'istruzione è garantita a tutti, ma allora perché non riusciamo ad oltrepassare certi limiti?
Nel gennaio di quest'anno sono rientrato in Italia volando da Göteborg, perché dovevo rinnovare il passaporto. 
Sono rimasto solo 3 settimane e poi sono ritornato volando in Svezia, per prepararmi al cammino in cui siamo ora impegnati.
Bastano queste ultime righe per aprire una riflessione sulla curva evolutiva dell'uomo, ma se cominciassi a scrivere di questo rischierei di intrigarmi in una retorica paradossale. Comunque mi permetto una piccola parentesi, se scrivo che un uomo cammina dall'Italia alla Svezia questo appare quasi impossibile o comunque strano, al contrario, se scrivo che un uomo vola dall'Italia alla Svezia questo appare del tutto normale, anche se sappiamo bene tutti che l'uomo non è capace al volo. 
Helena, nelle ultime notti di questi giorni ha sognato più volte di volare, ma volare per davvero, con il suo corpo che si solleva da terra e comincia a volteggiare nell'aria. Penso che solo in sogno è possibile farlo.
Ma torniamo all'istruzione, a gennaio, come ho detto, sono rientrato in Italia, e una sera mi sono ritrovato nella cucina di Albiano Magra, con Giovanni e Samuele. Samuele stava studiando un capitolo della storia d'Inghilterra. (In gennaio Samuele frequentava la seconda classe delle scuole medie). Il riassunto di un periodo in cui la dinastia reggente ha visto alternarsi al potere fratelli e sorelle con idee politiche e religiose opposte. Un'alternanza al potere con conseguenze tragiche. Una parentesi storica fatta di combattimenti oppressione decapitazioni e impiccagioni dei rispettivi oppositori, sia politici che religiosi. Chi saliva al potere in sostanza, faceva strage di tutti quelli che non la pensavano come lui, con tanto di decapitazioni pubbliche. Ne più ne meno di quanto succede oggi, non in Inghilterra, ma neanche tanto lontano. Solo che oggi il racconto storico si è affinato con l'utilizzo del video e così ci sono arrivate direttamente in casa le immagini delle decapitazioni effettuate dai combattenti dello stato islamico. Vedere una decapitazione in video rende l'esperienza tangibile e fa più male delle parole scritte. Tuttavia dai libri di storia impariamo fin da piccoli, con metodo e senza nessun impatto emotivo, di guerre ed uccisioni. Ed è proprio attraverso la storia tramandata da generazione a generazione che acquisiamo quei modelli che fondano le culture, sono modelli che consolidano le abitudini perché sono modelli ripetibili.

Questo mi da da pensare.......

Penso che fino alla fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70, qui in Danimarca, essere omosessuale era proibito e chi veniva allo scoperto finiva in galera, penso che fino al 1946 in Italia le donne non avevano diritto al voto, penso che fino a pochi decenni prima le donne non avevano, se non in casi eccezionali, una voce pubblica, penso ai Paesi e le culture dove ancora oggi la donna è considerata al pari di una sottospecie.... penso che l'istruzione ci ha aiutato a fare buoni passi in avanti ma penso anche che la storia che per generazioni ci è stata tramandata e sulla quale si fondano le nostre culture e le religioni, è una storia parziale, una storia a cui manca, ad essere buoni,  almeno il 50% di voce e di verità, una storia raccontata solo dagli uomini, da pochi uomini. E così io penso che non è un caso se la storia racconta soprattutto di conflitti conquiste e uccisioni dopotutto ancora oggi, fra tanti uomini, succede che la cosa più importante è chi ce l'ha più grosso.

Ma attenzione! (e per questo mi scuso anticipatamente) Non prendete per vero quello che scrivo, io non ho studiato abbastanza per parlare delle cose vere quindi vi suggerisco di approfondire le vostre conoscenze prima di reagire a queste righe o trarre conclusioni.
Volevo solo fare omaggio al mio nuovo cappello e ho divagato.
Oggi lo indosso, anche se sulla mia strada il vento soffia e soffia e me lo fa volare via. Lo raccolgo sulla strada e me lo schiaccio bene sulla testa, ma il vento ritorna a mani basse e all'improvviso lo smanaccia e lo fa volare un po' più in la. È un ingaggio giocoso che si mette in moto e per un po' ci sto, ma non sono qui per giocare, sono qui per camminare e così dopo un paio di folate mi ficco in tasca il mio buon cappello e proseguo.
Educazione, istruzione, abitudini, cultura, cucite insieme da un filo rosso diventano un buon cappello, sono parole che definiscono fondamentale sustanza. Fondamenti di un processo che ci permette di interagire socialmente nel mondo. 
Oggi, mentre cammino insieme a Helena, Toni e AuroraAlba attraverso l'Europa, potrei essere catalogato come un anticonformista, ma quel suffisso anti a me non piace e così preferisco considerare piuttosto l'eccezione, anche se mi sta scomoda, perché è la solita eccezione che conferma la regola, pur offrendo uno spiraglio possibile per l'ispirazione. Oggi penso che tante delle abitudini che abbiamo acquisito, non sono buone, quelle stesse abitudini che sono i mattoni della cultura, quelle stesse abitudini che formiamo con i nostri metodi di insegnamento e di studio. Quelle stesse abitudini a cui ogni buon individuo ben educato si conforma accettandone anche la criticità.
Oggi, anche se il cielo è nuvoloso e il sole non brucia, io mi metto sulla testa il mio nuovo cappello chiaro, sobrio e blando che Sigrid mi ha regalato, perché oggi non c'è vento a soffiarlo via.

giovedì 6 luglio 2017

Nørager

aeselfreaks.dk


Nørager è un piccolo paese dove vivono circa 300 persone, situato nello Midtjylland, a nord ovest di Grenaa. Qui la terra non è buona , è soprattutto sabbia. Negli anni settanta veniva venduta a buon prezzo e a Christiania, la città libertaria sorta in una zona centrale di Copenhagen, comparvero annunci che dicevano "se volete andare a vivere in campagna andate a Nørager, lì svendono la terra" E così accadde che nel decennio fra il 1970 e il 1980 circa 200 famiglie hippie mossero verso quel territorio svalutato. Ora la terza generazione discendente da quei giovani hippie vive ancora in questa campagna, i giovani hippies di allora sono nonni overseventy, e l'atmosfera che si respira è di cordialità, comunanza e condivisione. Così qualcosa ha funzionato, anche se a detta di qualcuno, tanti sogni sono ritornati chiusi in fondo ai cassetti.
Eravamo a Lime quando abbiamo incontrato Søren, anche lui oggi è un nonno hippie ed è grazie a lui se siamo arrivati a Nørager. Si è avvicinato nel suo incedere da cowboy e ci ha detto :"have you meet aesel folk?" Helena gli ha risposto "Yes, but not here in Denmark." E così Søren ci ha detto :"you should come to my place, my nebours have donkeys".
Ci ha lasciato un foglietto con su scritto il suo indirizzo e il numero di telefono poi è salito in auto e se ne è andato. Noi siamo rimasti così con il grande dubbio "che cosa facciamo?" Rispetto a Lime, Nørager è situato 20 km a nord est, il nostro piano per l'indomani è di camminare in direzione sud est verso Feldballe...
Decidiamo di non decidere stasera cosa fare perché io ho anche un malessere diffuso nel corpo, lo stomaco non vuole digerire e mi si è indurito il collo, meglio dormirci sopra e riparlarne domani a colazione. E con questo mi sono buttato sulle tavole del schelter nel giardino di Elle e Jørn e mi sono addormentato senza prendere la cena. A colazione, nel sole di un mattino sereno, Helena invia un sms a Søren dove scrive che oggi cammineremo fino a Nørager, anche se la mappa ci avverte che sarà una tappa lunga. Saranno 26 i chilometri per arrivare fino a casa di Søren con 2 pause lunghe per far riposare Toni e AuroraAlba. La prima a casa di Betty, una signora di 80 anni che ci offre un bel prato rigoglioso per loro e invita noi a bere un caffè nella casetta di vetri in giardino. Chiacchieriamo con Betty per più di un'ora, ci fa vedere il laboratorio dove ci sono 12 telai di legno per la tessitura. Qui, una volta alla settimana 12 donne si ritrovano per tessere trame bellissime. Però ora per Betty e le tessitrici è giunto il momento di traslocare, Betty, a due anni dalla morte del marito, ha deciso di vendere la casa e spostarsi in una abitazione più piccola, risolvendo tutto in famiglia, con uno scambio equo con uno dei suoi figli. Ed anche il coordinamento dell'attività di tessitura, dopo più di vent'anni, lo passerà in compito ad una amica più giovane. La seconda pausa la facciamo invece nell'ombra di un bosco da cui però dobbiamo fuggire dopo mezzora a causa dei tafani e delle zanzare che innervosiscono tutt'e quattro. Arriviamo a casa di Søren alle 19,30, siamo stanchi ma rilassati, perché abbiamo imparato che c'è una buona ragione per ogni passo che facciamo. E Nørager è una buona ragione. Quando siamo entrati nel piccolo abitato abbiamo visto l'insegna di una caffetteria e una bottega di alimentari che in realtà è un minimarket rifornito in ogni reparto. Abbiamo sussultato di felicità perché è raro in questo nord trovare nei paesini delle attività che vitalizzano il luogo come un bar o un market. Veniamo a conoscenza che davanti al minimarket è parcheggiata un'auto che tutti i paesani possono prenotare ed utilizzare. Piccole dimensioni ma un grande pensiero.
Rimaniamo 2 notti a casa di Søren, non abbiamo tanto tempo con lui e Karin perché un virus intestinale li costringe a rimanere chiusi in casa, però scambiamo qualche parola con Søren, parliamo di musica e di vita e percepiamo latente la sofferenza di un poeta che con disperazione continua a scrivere canzoni che esaltano la pace e l'amore.
Ma ancora più sorprendente è l'incontro con Birgitte e Peter, i vicini di Søren. Da 13 anni operano la onoterapia con i loro 6 asinelli. Appena arriviamo da loro ci invitano a prendere un caffè nello spazio di lavoro, un'ampia stanza senza soffitto con travature a vista che sorreggono il tetto dal pavimento, ricavato da quella che in un tempo anteriore era la stalla delle mucche. Insieme a noi c'è Nette, una ragazzina di 15 anni che una volta alla settimana viene qui per prendersi cura degli asini, e Sita (Concita) una asina di vent'anni. Sita è come Toni, mentre beviamo il caffè lei gira intorno alla tavola elemosinando quello che noi mangiamo, anche se ha una bella cesta di fieno per sé. Questa è un'ulteriore conferma che gli asini sono molto attratti dalle preparazioni culinarie degli esseri umani. Lo spazio in cui ci troviamo è reso inusuale proprio dalla presenza sottotetto di Sita. È uno spazio vuoto, simile ad una delle tante stanze in cui, per esempio, gli artisti teatrali si chiudono per creare ed allenarsi. L'odore  nell'aria è umido e morbido anche se il pavimento è di cemento vecchio e duro. Questo spazio in particolare è tiepido e confortevole, intorno non aleggia nessuna aspettativa ma si respira una forte presenza e le mie spalle si adagiano in riposo.
Dopo aver bevuto il caffè partecipiamo al tempo lento degli asini e alla loro famigliarizzazione. Ma Birgitte è un po' preoccupata e preferisce tenere i branchi separati dal filo elettrico. Toni e AuroraAlba e i 6 asinelli di casa, saranno così, per 2 giorni, cordiali vicini.
Birgitte, domani mattina, andrà alla scuola dove insegna, per l'ultima volta. Siamo arrivati proprio in concomitanza del suo pensionamento. Da domani la sua vita subirà un cambiamento importante. Noi siamo qui con AuroraAlba e Toni. Birgitte si innamora di Toni e anche Katia, una asinella di 6 anni. Stiamo altre 2 notti qui. Il venerdì pomeriggio torniamo a casa di Søren per il consueto appuntamento settimanale di jam musicale. Un festoso raduno di amici in musica. Ascoltiamo una bella cover del brano di Gyllian Welsch "everything is free" che ci accompagnerà nei giorni a seguire. Ma a cena siamo di nuovo con Birgitte e Peter, sono felici di ospitarci e noi siamo felici di poter stare con loro, parliamo ovviamente di asini, spolverando tutti gli aneddoti delle nostre relazioni con i nostri amici a 4 zampe. Per Peter e Birgitte è importante confrontarsi con qualcun'altro che come loro vive insieme agli asini​, qui in Danimarca la voce dei cavalli è dominante ed è difficile per loro ottenere il riconoscimento del loro operare quotidiano, soprattutto rispetto all'inquadratura nelle attività di aiuto e terapia.
Anche se qui stiamo comodamente bene, sabato intendiamo rimetterci in cammino. Anche il meteo volge al sereno. Ma con Nørager non è ancora finita: Annette, che di mestiere fa l'insegnante di canto e ritmica ci incrocia per strada, mentre camminiamo verso la casa di Søren, ferma la sua auto sul lato della carreggiata e ci viene incontro con un grande sorriso per invitarci alla festa del suo compleanno, Sabato, dalle 13.00, a Las Vegas.
E così sabato mattina ce la prendiamo comoda, tardiamo la nostra partenza da casa di Birgitte e Peter prolungando la colazione in 2 tempi, intervallati con la passeggiata fra i corridoi erbosi degli asini per raccogliere la cacca della notte. Attività che, se svolta lasciandole il tempo di accadere, sottende un ponte introspettivo che conduce ad un assoluto sollievo.
Intorno alle 13 abbiamo gli zaini in spalla, Birgitte e Peter hanno assistito alla nostra lenta vestizione seduti a braccetto sulla panchina da giardino ed ora, con i saluti, affiorano le lacrime negli occhi.
Arriviamo a Las Vegas intorno alle 13,30.
Las Vegas è una casa appartata, un chilometro fuori dall'abitato. In passato qui si giocava d'azzardo e si racconta che tanti farmer hanno perso le loro fattorie e qualcuno si è pure giocato la moglie. Forse sono solo leggende, già ascoltate in altri luoghi del mondo o forse è la storia che si ripete, e qui la storia racconta di un luogo dove si scommetteva pesantemente che ora è stato trasformato in un centro polifunzionale dove si praticano attività creative e culturali.  Canti, cibo, chiacchiere cordiali, musica e birra. Alle 15 salutiamo Nørager, salutiamo Søren, ma non è facile ripartire da qui, eppure il timing è indovinato. L'emozione di lasciarsi è ancora più forte di quella di trovarsi e scava profonda traccia. Arrivederci Nørager.