sabato 26 agosto 2017

Io sto con Kate Raworth

Stavamo camminando nella foresta quando ci siamo trovati affianco ad una ferrovia comparsa dal nulla. Dopo qualche momento abbiamo sentito il rumore di un treno  avvicinarsi dietro di noi. La cadenza della motrice lasciava intuire che procedeva lento. L'impressione era che stesse rallentando sempre più e
lo sbuffo dei freni, che precede l'arresto, ci fece sobbalzare, quando giunse alla nostra altezza. Ora il treno era fermo affianco a noi.
Dal convoglio proveniva una nuova musica.
Noi guardavamo il treno e il treno guardava noi.
Non potevamo vedere nessuno ma riuscivamo ad intuire che su quei vagoni tirava un'aria diversa al ché ci venne facile immaginarci su una di quelle carrozze.
Sulla carrozzeria dei vagoni era scritto:
DOUGHNUT ECONOMICS
Non siamo rimasti fermi a lungo, solo il tempo per permettere a Toni e Alba di mangiare qualche rametto di faggio che ne sono davvero ghiotti e poi ci siamo rimessi in cammino, e anche il treno, dopo un'altro sbuffo s'è messo in moto, procedendo lentamente affianco a noi. Cosicché ho potuto ascoltare una voce che parlava di cambiamento, di un nuovo modello economico pensato per sostituire l'attuale sistema capitalistico che si perpetua attraverso numerosi errori, evidenti a tutti, dico io, ma incredibilmente persistenti. Il nuovo modello proposto da Kate Raworth si basa sul rispetto del pianeta e sui diritti di tutti gli esseri viventi e non più sulla crescita a tutti i costi.
Era un discorso chiaro e comprensibile, e facilmente condivisibile vista la deriva in cui sopravvive l'umanità oggi.
Per saperne consapevolmente:
Kate Raworth - Doughnut Economics

https://youtu.be/1BHOflzxPjI


domenica 13 agosto 2017

Why do you do this walk?

Quante risposte posso pensare per rispondere alla domanda :"why do you do this walk? perché lo fate? Perché camminate con gli asini?". Non c'è solo un perché, ma ho scoperto strada facendo che condurre gli asini fra la gente ha un alto valore sociologico perché gli asini producono sorrisi.
Questa è storia recente, ma per capire come mai sono io oggi a condurre Toni e AuroraAlba fra la gente devo partire da lontano.
Ho un chiaro ricordo dell'esame di riparazione che ho dovuto sostenere il primo anno di frequenza presso l'Istituto Fossati di La Spezia, dove allora insegnavano ai giovani come me a diventare ragionieri. Avevo 14 anni e la valutazione di fine anno mi vedeva respinto dalla stessa professoressa per le sue 2 materie d'insegnamento: scienze e geografia.
Posso dire che l'insegnante in questione non era affatto antipatica, mi piaceva la nitidezza con cui portava il suo sapere nell'aula e mi piaceva anche il suo modo di trattare gli studenti poco curiosi, con cinismo e rudezza. Però mi perdevo nel suo sguardo, nei suoi grandi occhi che mi penetravano insinuando le domande in una parte così recondita di me che non riuscivo a cavare la voce per rispondere. Lei sapeva che ero un ragazzo tutt'altro che scapestrato e che potevo ben figurare fra i buoni studenti, ma fra di noi c'era uno scoglio per me insormontabile. Per cui, nonostante avesse cercato di ammorbidire il suo padroneggiamento nel tentativo di pormi in qualche modo a mio agio, alla fine dell'anno scolastico non poté far altro che rimandarmi alla sessione di recupero di settembre.
E quella mattina, all'esame di riparazione, come al solito non riuscii a rispondere con voce a nessuna delle sue domande. Mi ero applicato per tutta l'estate, studiando con l'aiuto di Rino il postino, grande amico di mio padre, il quale si era reso disponibile ad accompagnarmi nella preparazione estiva e nelle ore pomeridiane, dopo aver terminato il giro della posta, veniva a casa per interrogarmi. Ma quella mattina di settembre nulla uscì dalla mia bocca, le parole rimasero impigliate fra la lingua e il palato, fino a svanire in un silenzio sacrificale. L'insegnante era sconfortata, anche per lei era una sconfitta non riuscire a cavare da uno studente nella media una voce sui suoi insegnamenti... forse era in questo modo che intendevo rovesciarle addosso lo scoglio che ci separava. Ma prima di bocciarmi fece un ultimo disperato tentativo e mi disse sospirando :"parlami dell'argomento che vuoi". Non mi aspettavo che potessimo arrivare a tanto, fino a duellare all'arma bianca, e sorpreso indugiai fra me e me. Alla fine, con grande sollievo da parte di tutti e due, mi decisi per 4 parole :"I moti della Terra". Tuttavia non mi fu facile ingranare il discorso per cui cercai di aiutarmi con le movenze del corpo. Prima fu la mano destra, con l'indice ritto verso l'alto, che prese a descrivere una rotazione su se stessa, proprio come fa la terra nel moto intorno al proprio asse. Poi, per considerare il moto fra gli altri corpi della Via Lattea dovetti alzarmi dalla sedia roteando con tutto il corpo fra i banchi finché la mia parabola celeste non mi portò vicino alla porta che riuscii ad aprire e senza smettere di volteggiare lasciai il mio sistema solare e l'insegnante che rimase da sola alla scrivania con aria basita a causa di quella iperbole che dapprima l'aveva stupita ed infine abbandonata senza soddisfazione.
Ma ancora prima di quell'episodio significativo, quando avevo 7 o 8 anni, ricordo che mi piaceva dire che un giorno sarei andato in Cina a piedi, ma solevo dire anche che da grande mi sarebbe piaciuto fare il notaio.
Niente di questo si è realizzato, ma posso ammettere senza scuse che non studiavo abbastanza e la scuola non mi soddisfaceva. Allora partii volontario per intraprendere una carriera lavorativa nelle Forze Armate, ma anche questo non mi soddisfaceva. Una volta ottenuto il congedo, al termine della ferma obbligatoria che avevo sottoscritto, ecco il primo tentativo di vagabondaggio, una scelta istintiva più che ideale, senza un reale progetto, piuttosto il grido di protesta di un giovane che doveva ancora compiere 21 anni e ne aveva già vissuti tre e mezzo subordinato ad un regime disciplinare innaturale. Ma anche questo non mi portò soddisfazione a lungo termine e così il ritorno sui passi conformi. Un anno di esperienze in diversi campi lavorativi e poi l'attività commerciale come tentativo di realizzazione autonoma. 5 anni trascorsi sperimentando intorno ad una identità impassibile. Per fortuna qualcun altro si propose di prendere il mio posto in vece di commerciante ed io potei di nuovo alzare la mia voce di vagabondo. L'ancora che mi trasse in salvo questa volta mi arrivò dal mio più caro amico che mi portò con sé attraverso il Teatro. Anni coraggiosi per me, la realizzazione di un sogno, una vita diversa, espressione di creatività vagabonda e devozione per la cooperazione e la condivisione. Oggi cammino con gli asini. Perché lo faccio mi si domanda. Potrei rispondere che è una scelta e dare a questa scelta tante diverse motivazioni, ma forse è più giusto osservare questo atto come una conseguenza del percorso della mia vita. 
Tanti che incontriamo oggi sui nostri passi ci dicono con una sorta di ammirazione :"anch'io vorrei staccare la spina e fare come voi!".
Certamente è possibile, tutto è possibile! Ma non si tratta solo di staccare una spina e attaccarne un'altra. 
La vita mi ha allenato a vivere con poco, con pochissimo. Ho dovuto imparare presto a rinunciare  alle cose. È chiaro a tutti che ogni cosa ha un costo e questo costo richiede energia e tempo. Il modo con cui impiegavo il mio tempo non mi portava denaro di conseguenza ho dovuto imparare a fare a meno di tante cose materiali.  Oggi non posseggo quasi niente e la mia vita costa poco, ma non ho rimorsi.
E come un vagabondo gestisco il tempo a mio piacimento, ho raccolto le mie poche cose e mi sono messo in cammino. 
Ma non sono solo, con me c'è Helena e ci sono Toni e AuroraAlba. Insieme attraversiamo l'Europa, a piedi, piantiamo alberi e seminiamo sorrisi. I nostri amici amati vivono in Italia e in Svezia, in mezzo c'è un lungo corridoio, un corridoio di uomini e donne che ci accolgono a braccia aperte nelle loro case.
Accolgono Toni e AuroraAlba, io e Helena camminiamo con loro e loro producono sorrisi. Questo è quanto e può bastare.

giovedì 3 agosto 2017

Fermo davanti all'oblò della lavatrice

Qualche giorno fa, a Ødis Brandrup, ero fermo davanti all'oblò della lavatrice aspettando che finisse il programma di lavaggio. Quando sono entrato nella lavanderia, sul display lampeggiava un giallo numero 3. Cosa faccio? Aspetto? o torno nella sala da pranzo dove il convivio continua? No, aspetto. Sono solo 3 minuti... Ma 3 minuti davanti ad un oblò muto sono interminabili!
Credo che ogni passo di Toni o di Aurora Alba è di per sé radicale, in perfetta simbiosi con il tempo ed oggi sono fermamente convinto che è perfettamente inutile cedere all'idea d'affrettarci quando la drammaturgia del nostro cammino gode di questi sostegni ineluttabili. Con la certezza d'essere sempre nei giusti passi entriamo nelle case dei nostri ospiti.
L'anno scorso succedeva che ogni sera bussavamo ad una porta per domandare aiuto, chiedendo un prato erboso per AuroraAlba e Toni e un po' di fieno per la notte. Lo facciamo anche quest'anno e muovendoci attraverso le campagne riusciamo ogni giorno a trovare le persone che sono felici di poterci aiutare, di fatto, le nostre richieste appaiono come poca cosa e  facilmente esaudibili, anche se per noi rappresentano l'indispensabile per poter proseguire il cammino. E continuiamo a stupirci per la lieta accoglienza che ci aspetta, ogni giorno diversa ma carica di spontanea generosità. Mi domando se ciò è dovuto al carattere fuggente e verace che veste il nostro caravan camminante, di cui è determinante la presenza degli asini. Keld, a Tødbjerg, con un sorriso da bambino stampato sul suo viso ce lo ha detto chiaramente :"quando ho alzato lo sguardo dal lavabo, fuori dalla finestra, ho visto 2 asini! non voi". Tutto accade in una sera, domani già cammineremo via, per cui l'ospite ha questo tempo a disposizione per offrirci quello che può, noi lo ricambiamo con la presenza di due creature straordinarie, Toni e Aurora Alba, che pascolano vicino alla sua casa  e con i chilometri che abbiamo percorso.  Sovente ci ritroviamo seduti alla stessa tavola per desinare e raccontarci a vicenda della vita, mentre la lavatrice, in un'altra stanza, lava i nostri panni sporchi. Così il cammino non è solo nostra esperienza ma diventa area di condivisione.
Quest'anno il fatto che sul nostro cammino andremo ad incontrare l'Inverno porta con sé nuove incognite e nuove idee e una consapevole fiducia: è il tempo  l'entità che sostiene i nostri passi. Come vivremo logisticamente i suoi giorni non lo sappiamo, non abbiamo nessun piano. Ma camminiamo verso sud seguendo la via Asina, la via che abbiamo tracciato l'anno scorso con la semina degli alberi e anche se di tanto in tanto cambieremo strada, torneremo sicuramente ad incontrare la maggior parte degli ospiti che l'anno scorso ci hanno accolto e sono diventati nostri amici. Questo speriamo possa facilitarci nell'affrontare la stagione invernale. Intanto abbiamo smesso di usare un allarme per svegliarci, lasciando che sia il tempo della notte ad accompagnarci al risveglio mattutino. E facendo tesoro di quanto il tempo ci suggerisce abbiamo capito che la percorrenza quotidiana ideale, per il nostro caravan camminante, è di 15 chilometri, anzi meno ma non più di quelli. Dentro un giorno in cui noi 4 camminiamo una distanza di 15 chilometri c'è lo spazio per tutto quello di cui abbiamo bisogno. C'è lo spazio per gli uomini e c'è lo spazio per gli animali, c'è lo spazio per affrontare gli ostacoli e per incontrare le persone lungo la strada. Dopo 15 chilometri camminati ad andatura d'asino abbiamo ancora spazio ed energie sufficienti per prenderci cura della socialità e dedicarci al dialogo con le persone che ci ospitano presso la loro casa. Ed è proprio parlando con le persone, ogni giorno diverse, che mi rendo conto che, procedere​ attraverso i giorni ad andatura d'asino, oggi, è un privilegio raro.
Un giorno che eravamo ancora in Northgyllan, ci è capitato di camminare in un sentiero sottobosco, una perfetta connessione fra 2 tratti asfaltati che sulla mappa incrociavano un chilometro più avanti. Una scorciatoia morbida e ombrosa, una gioia per gli zoccoli e per le anime. Giunti al margine del bosco, a poche decine di metri dal nuovo tratto asfaltato però, il sentiero continuava attraverso un centro di equitazione con cavalli di alto livello e cavalieri di un certo rango. Siamo stati respinti da uno di loro che non ha voluto che gli asini apparissero ai cavalli. Sembra strano ma la realtà è questa: tanti cavalli si spaventano alla vista degli asini, noi lo abbiamo imparato strada facendo e così quando arriviamo in prossimità di recinti dove pascolano cavalli siamo sempre attenti e se, come in questo caso, qualcuno sta cavalcando, uno di noi si fa avanti ad avvertire le persone del nostro arrivo. Così è stata Helena ad andare a parlare con i cavalieri che trottavano nell'arena mentre io, Toni e AuroraAlba ci siamo fermati nell'ombra dei faggi a dovuta distanza e non visibili. "Impossibile passare, gli asini devono tornare indietro!" La mia prima reazione non aveva un colore pacifico, ma Helena mi ha illuminato con un rimprovero azzeccato: "C'è sempre una ragione per ogni passo che facciamo". Ed è proprio vero. In questo senso sono certo che ogni passo è sostenuto dal suo tempo, e non si torna mai indietro, semplicemente si prosegue in un'altra direzione. A posteriori, non posso che pronunciarmi con gratitudine verso quel cavaliere il quale, quel giorno, rimandandoci indietro nel bosco, ci ha messo sulla giusta strada.
Forse raggiungeremo in tardo autunno il sud della Germania e da lì, a seconda delle condizioni meteorologiche, avanzeremo fra soste di più giorni, fermandoci là dove troveremo situazioni in cui potremo in qualche modo scambiare il vitto e il riparo per Toni e AuroraAlba e, così facendo, punteremo con prudenza, il cuore della Svizzera dove ci aspetta il Lucomagno .